Si torna in acqua, riemergono i ricordi.

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Avevo circa 10 anni quando mia mamma mi portò davanti a quella porticina verde accanto al Ponte Vecchio e che scendeva sotto terra. Non ero particolarmente contento perché l'idea venne ad un medico che era preoccupato per la mia schiena, un principio di scoliosi. Pertanto, quel posto doveva essere un posto dove si curavano i bambini malati. Forse però non era peggio del corso di ginnastica correttiva a cui partecipai qualche mese prima in Via Faenza: una tortura con la palla medica.

Ricordo ancora il colloquio informativo con Barbare e Alberto. Erano già lì; e sono ancora lì! Delle vere icone della Società Canottieri Firenze.

Eccomi quindi iscritto al CAS, Centro Avviamento allo Sport. Ricordo il freddo e la fatica, l'umido, la paura di cascare in acqua, le ore passate in vasca per imparare, in palestra piuttosto che a correre all'Albereta, o ancora peggio al piazzale. A quei tempi non c'erano remergometri, almeno non per noi. Poi c'erano i grandi, quelli della squadra agonistica che a quei tempi si allenava ancora sotto i ponti del centro. Ricordo che li guardavamo da lontano, un po' timorosi. C'erano anche tante risate con i compagni negli spogliatoi puzzolenti, il tempo passato a giocare a ping pong o a carte sotto il porticato, Loris al bar.

Il passaggio a socio effettivo dopo il periodo CAS

Arrivarono le prime gare, le regionali, le prime medaglie e i tanti errori. Uno di questi, alla partenza di una gara sociale, nulla di importante. Ero proprio sotto il Ponte alle Grazie: al primo colpo di attacco, a mezzo carrello, il remo destro mi scappò via. Rimasi lì a guardarlo, parallelo alla barca mentre con l'altro cercavo di mantenere l'equilibrio; lo ricordo come un tempo eterno ma probabilmente durò una frazione di secondo. In quel momento sapevo cosa sarebbe accaduto e tutti i neuroni si impegnarono ad evitare quella figura infelice proprio sotto gli occhi di tanti turisti affacciati ai lungarni. Ma i neuroni fallirono — complice la poca esperienza — e nel panico non valutarono bene l'infelice scelta: allungai il braccio per riprendere il remo e la barca si girò come un kebab. Pluf. Non è mai bello, in Arno, fa schifo, fa paura!

La mia carriera di canottiere ebbe la svolta una calda estate, doveva essere il 1985 circa. Altra gara sociale, questa volta dei grandi. Mancava il timoniere per un "quattro con" e mi infilarono a sorpresa a fare questa attività a me sconosciuta. Mi dovevo limitare a contare i colpi e usare il timone il meno possibile per tenere dritta la barca. Oh, tant'è che quella gara si vinse (o meglio, la vinsero!) e dai festeggiamenti doveva essere vissuta al pari dei campionati del mondo! Come da tradizione, venni lanciato in acqua dal pontile da quei quattro energumeni. Pluf! Di nuovo. Quel bagno fu il battesimo della mia carriera da timoniere.

Da lì non persi occasione per partecipare a tutte le possibili gare e formazioni: due, quattro, otto. Si girava come matti con quel furgoncino e il carrello pieno di barche, guidato ovviamente da Alberto.

Passavo il tempo con i grandi, con quelli bravi davvero.

Stare sull'otto, in assetto da gara, e passare sotto le strette arcate dei ponti, era un'esperienza indescrivibile: la potenza, la velocità, il timore di sbagliare, la responsabilità di contare i colpi e incitare tutti a fare un colpo in più. Come toccavo il timone, la barca oscillava, qualcuno mi infamava. Ma il pilone del ponte andava scansato, non c'era alternativa e il tratto di fiume era troppo corto per evitare di passarci.

Ricordo le gare all'idroscalo di Milano, correva l'anno '87, che con un quattro-con si vinse i campionati italiani universitari. In squadra c'erano elementi forti, davvero tanto forti che poi hanno avuto i loro successi personali ben più importanti. Fu uno dei primi momenti indimenticabili per me, la premiazione, la medaglia, il tuffo di rito. La sera, al buffet dell'albergo, i ragazzi non mi facevano mangiare, perché dovevo rimanere leggero. Se non ricordo male, Il limite minimo accettabile era di 50 Kg. Io ero preciso e non dovevo assolutamente aumentare! Ogni kg in più era zavorra inutile. Poche storie e digiunare!

La maglia dei primi classificati, ancora perfettamente conservata

Ricordo una gara a Cannes, con l'otto allenato dal grande Giorgio Bani. Un fiume largo poco più il Mugnone, ponti strettissimi, si passava con pochi cm per lato; io ero sdraiato a prua, non vedevo niente "dietro", dovevo prendere le misure e sperare di essere nel centro per davvero. Abbiamo rischiato di sbatacchiare i remi sui ponti diverse volte, ci siamo sempre salvati grazie i riflessi dei vogatori che tiravano i remi dentro in piena corsa, a destra o a sinistra! Il culmine arrivò durante una gara: una battaglia con la squadra tedesca, un testa a testa che terminò in uno di quei maledetti ponti, uno di quelli senza piloni, ma in cui, molto semplicemente, due barche insieme non passavano. Nessuno mollò. Un tritio di remi! I nostri erano più duri, tre dei loro saltarono!

Una delle ultime avventure fu una delle più belle e intense. Era il 1988 e venni dato in prestito per un due con dei canottieri comunali: Giancarlo Tarchi e Leonardo Guarducci. Obiettivo campionati italiani assoluti. Gli allenamenti erano estenuanti, spesso due volte al giorno: in acqua alle sei del mattino, prima di andare a scuola. Faceva un freddo cane, non si fermavano mai, né col freddo né con la pioggia. Ogni volta che toccavo il timone, erano urli e pacchine! Ricordo una grande tensione e un bel po' di lacrime! Non c'era spazio per gli errori, si giocava ad un altro livello.

Ero un ragazzino di 14 anni, ero fisicamente più piccolo della media. Potere dell'adolescenza, all'improvviso il mio corpo decise di crescere: superai di un bel po' i fatidici 50kg e mi allungai tantissimo in pochi mesi; nella barca, dove prima da sdraiato usciva solo la testa col cappellino, ora parevo seduto. Ricordo con dispiacere che stava per saltare tutto, forse venne provato anche un sostituto. Ma avevamo fatto troppi mesi di allenamento, troppi per poter cambiare timoniere in corsa e all'ultimo miglio.

Ricordo la gara come se fosse ieri. Cercai di farmi più piccolo che potevo, avrei voluto strapparmi i chili di dosso, altro che digiuni. Eravamo in testa e urlavo come dannato per contare i colpi e sentivo Leonardo e Giancarlo respirare come tori. Eravamo in testa, e non in una gara qualunque: erano i campionati italiani assoluti, ci eravamo preparati per mesi e dietro di noi, c'erano i fratelli Abbagnale. Non cincirinella: gli Abbagnale, con Di Capua timoniere. Il trio più forte del momento, i campioni del mondo, i campioni olimpici, erano dietro. Io guardavo a sinistra con la coda dell'occhio, non c'erano, non c'era nessuno. Ci ho creduto tantissimo. La barca volava, non sentivo più nemmeno l'acqua. Poi, a circa tre quarti di gara, vedo apparire una pallina sulla corsia accanto. Erano loro, ma erano dietro, erano ancora dietro! Ci sono rimasti poco. Non abbiamo perso un colpo o almeno non ricordo alcun calo di ritmo e di intensità. Ma quelli iniziarono a volare, letteralmente, con una leggerezza e una fluidità da non credere. Non ricordo di preciso quanto fu il distacco, ma erano diversi secondi con noi, un'eternità con i terzi.

Lì, sul podio di Piediluco, a guardare Peppiniello che veniva volato in acqua.

Giancarlo Tarchi, Matteo Papadopoulos (tim.), Leonardo Guarducci, secondi classificati Campionati Italiani assoluti, Piediluco 1988

Quella notte, al ritorno a Firenze, successe qualcosa che ancora porto nel cuore: non so come, nello svuotare la macchina, persi la medaglia; probabilmente finì in nella spazzatura dei panini perché ricordo bene Leo letteralmente infilato dentro un cassonetto a rovistare. Dopo un bel po', complice la stanchezza di una giornata intensa sia a livello fisico che emotivo, rinunciammo e Leonardo decise di cedermi la sua medaglia. Oggi non l'avrei mai accettata ma all'epoca aveva forse più valore per me bimbetto che per loro. Evidentemente i'Leo lo aveva intuito e ha avuto lo forza di fare un atto molto difficile, che non ho mai dimenticato e che mi ha insegnato tantissimo.


Ecco. Questi sono alcuni dei ricordi che sono riaffiorati nella mia mente per il solo fatto di essere tornato oggi su una barca e aver vogato nuovamente nel silenzio fino alla pescaia di Santa Rosa.

Sono molto felice di aver ripreso il mio sport, fortunato di potersi allenare in uno dei posti più suggestivi della città. 🚣🏻‍♀️

Postazione di allenamento all'aperto alla Canottieri Firenze. Not baaaad!


Interessi

A intervalli irregolari mi interesso e mi appassiono a differenti argomenti che studio e seguo in modo compulsivo e/o discontinuo. Molte sono cose che ho scoperto negli ultimi anni. Tra questi ci sono l'astronomia, la fisica, la ricerca spaziale, la storia, la storia della mia famiglia e chissà cos'altro entrerà in playlist! 

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